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La Storia

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LA BORGATA DI CRUILLAS: TRA STORIA, MEMORIE ED ECHI DAL PASSATO di Fabrizio Giuffrè

Dopo anni di ricerche culminate nella stesura di un mio primo libro, “Cruillas: storia e memorie di un’antica borgata”, dedicato alla storia ed all’evoluzione della borgata di Cruillas, mi ritrovo qui a compilare un breve excursus, cercando così di svelare quella “Cruillas di un tempo” tanto declamata dai nostri nonni e di cui oggi, a causa del tempo e soprattutto dell’incuria dell’uomo, poco o nulla è rimasto: era la Cruillas dei campi coltivati irradiati dal sole, la Cruillas delle ville, dei bagli e delle chiese preziose, la Cruillas delle secolari tradizioni…

Poche parole ho voluto dedicare all’allarmante stato di incuria e di abbandono in cui versa la totalità del patrimonio storico, artistico ed architettonico del quartiere. Un territorio in cui anche l’ultima luce di speranza sembra essersi spenta all’ombra dell’ignoranza e della noncuranza di un popolo che nulla vuole più ricordare del proprio illustre passato. E così, riecheggiano nella mia mente le parole di papa Karol Wojitila: “Una gente senza memoria non ha futuro”. Ma per dare inizio alla nostra trattazione, prenderemo le mosse da una storia assai più remota che travalica i confini del tempo, quella che si può leggere sulle rocce del monte che con il proprio irregolare sviluppo racchiude il nostro quartiere: il Billiemi dove, tra l’altro, sono stati rinvenuti numerosi resti fossili che ci rimandano al tempo in cui la Sicilia era interamente sommersa dalle acque del mare; pare infatti che l’origine geologica dell’isola sia avvenuta soltanto quattro milioni di anni fa. Ma il mondo era in continua evoluzione ed il susseguirsi delle glaciazioni, vedeva la progressiva emersione e sprofondamento delle terre, a seconda del solidificarsi o sciogliersi dei ghiacci. Questa vicenda durata milioni di anni rimane documentata nel nostro territorio ove vi si trovano numerose grotte che racchiudono ricche testimonianze paleontologiche, paletnologiche ed archeologiche. Di notevolissimo interesse è proprio la grotta della Molara, annoverata tra le più importanti cavità palermitane ed oggi compresa nell’area della “Riserva Naturale Orientata Grotta della Molara” che racchiude tra l’altro anche la Grotta dei Pitrazzi o degli Spiriti e la Grotta del Coniglio Morto. La Grotta della Molara, vero e proprio gioiello della natura, si contraddistingue per una serie di ampi ambienti ricchi di sfavillanti stalattiti, stalagmiti e colonne tra le più alte di Sicilia, che raggiungono anche i 12 metri. Lungo il versante settentrionale del Monte si sviluppa invece la contrada Malatacca dove si aprono altre interessanti cavità ed a seguire, al confine con la contrada dell’Inserra, il bosco Ferreri dove un affioramento di roccia dà accesso all’omonima grotta in cui si pensa vi siano le tracce di una necropoli preistorica andata distrutta. Tracce della preistoria sono invece ravvisabili nella montagnola di Sant’Elia, erroneamente chiamata di Santa Rosalia, ove nelle grotte Bovide, Santa Rosalia e Sorgente, sono state rinvenute numerosi incisioni e disegni a carboncino che ci rimandano proprio a quei primi uomini che in queste spelonche trovavano rifugio. Primi riferimenti storici risalgono però soltanto all’epoca medioevale quando proprio su questo monticello si stanziò una piccola comunità di frati Carmelitani, verosimilmente venuti dalla Palestina che qui vivevano in eremitaggio: sino a qualche decennio fa sul terrazzo marino della montagnola vi erano ancora i resti di questo primo insediamento religioso e della chiesa duecentesca dedicata al Santo Elia. Ma ci trovavamo ancora in una campagna aspra e selvaggia dove l’insediamento umano non aveva ancora registrato alcun concreto sviluppo: del resto, le stesse terre che appartenevano già all’Arcidiocesi palermitana, erano aride e trascurate, lasciate al pascolo ed alla sterpaglia. Ma ben presto, tra la fine del ‘500 ed gli inizi del secolo successivo, nuove sperimentazioni agricole avrebbero dato impulso ad una vera e propria opera di colonizzazione fondiaria, soprattutto grazie alla realizzazione di pozzi, utili ad attingere le acque che scorrevano nel sottosuolo. Fu questo il secolo in cui si registrò un primo ridotto incremento demografico a cui seguì la nascita delle prime “torri rusticane” atte ad avvistare le navi dei pirati, e dei primi bagli agricoli che, come piccole cittadelle fortificate, avrebbero punteggiato tutta la nostra campagna, sino alla seconda grande espansione fuori le mura. Tra gli insediamenti cinque-secenteschi di cui qui faremmo menzione, assumono un interesse particolare i bagli Salerno e Cruyllas; in linea puramente conoscitiva, si citeranno invece i bagli Malatacca, Naselli, Monaco, Castellana, torre Ingastone e le non più esistenti case Parrino, Mondello, Trabucco. Secondo le fonti storiografiche, la nascita della borgata si fa risalire alla metà del 1600, nell’ambito di un grande fondo agricolo appartenuto ai padri del convento di San Giovanni di Dio dei Fatebenefratelli. Ad essi si deve la costruzione delle prime abitazioni nella zona detta di “sotto l’arco” e di una prima chiesa che, inaugurata nell’anno 1718, venne dedicata all’Immacolata Concezione, Santa Rosalia e San Giovanni di Dio. Ancora oggi all’altare vi si nota il bellissimo dipinto settecentesco di Antonino Falanga, in attesa, come del resto l’intera cappella, di un accurato restauro per essere poi restituito al culto. Il corredo sacro della chiesa comprende anche un crocifisso ligneo del ‘700, una Madonna Addolorata in cera ed un dipinto ex voto su ardesia. Di questo antico insediamento, a causa delle radicali trasformazioni apportate nell’ultimo cinquantennio rimane ben poco; intatta è invece la chiesetta da cui due secoli fa prima la comunità del borgo intraprese il proprio cammino pastorale. Alla fine del ‘700, il baglio passò appunto a quel Domenico Antonio Gravina Cruyllas, discendente di una antica famiglia originaria della Catalogna ed alla cui casata sarebbe poi rimasto legato il nome del borgo. Per quanto concerne il baglio Salerno, si concentrerà l’attenzione soprattutto sul portale ad arco d’accesso alla corte, di impronta manieristica, decorato secondo quel motivo a raggera con conci di bugnato scultoreo che ne fanno uno degli esempi più rilevanti del palermitano.

Nel ‘700, i nobili palermitani, stanchi della vita cittadina, decidevano di costruire delle grandi ville di campagna ove trascorrere lunghi periodi di villeggiatura: fu questo il secolo della seconda grande espansione extra moenia che interessò, oltre Bagheria e Mezzomonreale, anche la Piana dei Colli. La campagna dei Petrazzi, così come veniva chiamata per le numerose cave di pietra, registrò la costruzione di ben dieci ville, molte delle quali nate dal ripristino di quei preesistenti caseggiati agricoli che, grazie all’opera di abili stuccatori, decorati, artigiani e pittori, divennero lo status symbol della colta e raffinata casta nobiliare, amante di quel lusso e di quella mondanità che si esprimeva attraverso i balli, le feste ed i ricevimenti galanti: la stessa villa, come il palazzo cittadino, doveva dare al primo colpo d’occhio nel progredire di sale adorne di stucchi, affreschi e dorature, l’idea della ricchezza del casato committente. Nella nostra trattazione parleremo, seppur brevemente, delle ville Mango, Arena, De Gregorio, Vaginelli, Anello, Castrofilippo, Atenasio, Centorbi, Borsellino e Ferreri, concentrandoci infine su di un ultimo insediamento tardo settecentesco, le case di Santa Croce. La secentesca villa Mango, sicuramente fra le più antiche casene dei Colli, venne costruita per volere della famiglia Corvino dei principi di Roccapalumba. Nel ‘700, al tempo della famiglia Mango, da quanto si apprende dalle cronache, era “una delle case più memorabili” della campagna palermitana per via di un lussureggiante giardino, caratterizzato da più viali di alti e fitti cipressi, poi abbattuti per ordine del re per la costruzione di barche cannoniere da utilizzare contro le armate francesi. Notevole è il portaletto di accesso alla villa, tra i più eccelsi del palermitano e la cappella padronale, dedicata al Santissimo Crocifisso, in cui si conserva parte di un pannello in maiolica ove erano riportate le armi della famiglia. La villa Arena Mortillaro venne costruita intorno al 1724 dal giudice della Gran Corte Girolamo Arena; in seguito, passò per dote alla famiglia Mortillaro di cui si ricorda il famosissimo storico ed erudito palermitano, Vincenzo Mortillaro e Rallo, marchese di Villarena. Nel 1896 la tenuta pervenne per dote alla famiglia Petyx, nella persona del Servo di Dio Antonino Petyx di cui si parlerà in seguito. Per quanto concerne la villa, considerata come uno dei presidi meglio riusciti di tutto l’agro palermitano, è indubbio ammettere, visto anche le recenti indagini storiografiche, come l’impianto, del tipo ad H, unico nel proprio genere, porti la firma di un grande architetto: in effetti il sacerdote Nicolò Palma, nell’anno 1749, fu impegnato in questo cantiere che sarebbe proseguito per più anni senza mai arrivare al termine. Notevoli sono, nonostante l’avanzato stato di abbandono e di degrado, il prospetto principale raccordato dall’imponente scalone a doppia rampa, il salone centrale, i saloni da ballo e la piccola cappella privata dedicata a San Francesco di Paola. Per quanto riguarda la villa del marchese De Gregorio, appare particolarmente interessante per la nostra trattazione, oltre al prospetto rococò ed alle sale di rappresentanza, il grande giardino, un vero e proprio salotto all’aperto adorno di panche, cippi, statue e fontane... E’ questo uno dei giardini meglio conservati di tutto l’agro palermitano, nonostante il lungo abbandono: all’estremo del lungo viale centrale vi è il coffee house con terrazza belvedere e la camera dello scirocco, interamente scavata nella roccia. Villa Castrofilippo, nonostante l’irrimediabile stato di rovina, si contraddistingue per la sagoma dello scalone, dallo svolgimento ad elica, unico fra le ville dei Colli. Fu questa una delle ville più solenni della contrada, fondata da Francesco Monreale e Valguarnera, duca di Castrofilippo; nel ‘800 ospitò la conceria dei Barocchieri, da cui la via prese il nome. Nella villa Vaginelli interessanti appaiono i decori del prospetto e delle sale di rappresentanza, dai bei soffitti lignei dipinti; a piano terra vi la cappella di San Giuseppe. La villa Anello, fondata dal monsignore Emanuele Custos, è una delle ville più piccole dell’agro palermitano: notevole è l’ingresso a sfingi, simbolo della cultura massonica che si andava diffondendo alla fine del ‘700, e la particolarissima decorazione di stucchi, affreschi e sovrapporta delle sale del piano nobile, attribuibile verosimilmente alla scuola di Giuseppe Velasco. Nel giardino vi si trova la piccola cappella dell’Ecce Homo. Da citare sono anche la villa Borsellino per la leggiadra decorazione del prospetto, la villa Centorbi, oggi Martorana-Genuardi, la villa Atenasio che purtroppo reca i gravi segni dell’incuria dell’uomo ed infine la villa Ferreri all’Inserra, lasciata in totale abbandono. Le Case di Santa Croce all’Inserra e l’annessa cappella dell’Addolorata vennero fondate alla fine del ‘700 da Girolama Oneto, vedova di Giovan Battista Celestri. Nella cappella si conserva un bel dipinto su tela raffigurante l’Addolorata ed un Ecce Homo ligneo. Giunti alle soglie del ‘900, il borgo di Cruillas registrò un netto aumento demografico: divenuta insufficiente la cappella di “sotto l’arco” nel palazzo Cruyllas per la celebrazione delle funzioni religiose, si decise di promuovere l’edificazione di un nuova chiesa dedicata alla Madonna del Rosario di Pompei. In realtà la costruzione del Santuario di Cruillas ebbe un doppio scopo ed una doppia valenza: assicurare una chiesa più grande agli abitanti del borgo e nello stesso tempo promuovere il culto della Vergine del Rosario di Pompei in Sicilia, sulla scia del beato Bartolo Longo che qualche anno prima aveva costruito la Basilica di Pompei. La nuova chiesa fu costruita prettamente a spese degli abitanti del borgo, vedendo l’apertura il 25 Ottobre del 1896: nel 1900 circa 25.000 mila fedeli giunsero nelle campagne di Cruillas che qui, nella “piccola Pompei”, così come veniva denominata, venivano in pellegrinaggio per esprimere i propri voti. Il Santuario venne decorato all’altare con un bellissimo dipinto su tela di scuola napoletana, raffigurante una dolcissima Vergine del Rosario; anche sulla volta, entro una cornice di stucco, venne riprodotta la Vergine di Pompei con i santi Caterina e Domenico ed in basso una fanciulla, simbolo della Sicilia e la scritta lapidaria “TRINACRIAE TUERE ET NOS” ovvero “PROTEGGI ANCHE NOI (QUI) IN SICILIA”. Ma presto quel culto tanto sentito, come una fiamma col tempo, andò gradualmente ad estinguersi: nel 1937, a seguito dell’elevazione a Parrocchia, il titolo venne persino variato da “Maria SS di Pompei” a “Maria SS del Rosario”, rompendo definitivamente quel ponte che collegava Cruillas e Pompei. Eppure il Santuario di Cruillas fu in passato punto di riferimento per Palermo e per l’intera Sicilia, secondo ed unico Santuario dedicato alla Regina del Rosario di Pompei. Furono quelli, gli ultimi anni di gloria del nostro territorio.

Cruillas: personaggi che hanno fatto la storia

E’ doveroso spendere qualche parola per i personaggi, illustri e meno illustri, che con la propria fama, hanno reso celebre il nostro quartiere. Mi è dunque sembrato corretto includere in questa lista anche le figure di spicco che, sino ai giorni nostri, hanno dedicato la propria vita a Cruillas.

-Antonio De Gregorio: Vissuto alla fine dell’800 fu dottore in scienze naturali e fervido appassionato di geologia e paleontologia. Visse nella villa De Gregorio dove amava passare lunghi periodi di villeggiatura.

-Carlo Cottone e Cedronio, principe di Castelnuovo (1754-1829): Erudito ed uomo politico palermitano, possedette la tenuta della masseria Castellana nei pressi di Borgo Nuovo.

-Antonino Mango, marchese di Casalgerardo: Vissuto alla fine dell’800, fu storico ed erudito palermitano, esperto di araldica e reso celebre grazie all’opera “Il nobiliario di Sicilia” (1915). Abitò la villa Mango.

-Vincenzo Mortillaro e Rallo, marchese di Villarena (1806-1888): Fu un grande storico, politico ed erudito palermitano, ricordato per aver ottenuto a soli ventitre anni la cattedra di arabo e per essere stato incaricato per la compilazione dei catasti di Sicilia. Abitò villa Arena dove egli stesso amava ritirarsi nei periodi di villeggiatura. Sarebbe giusto rendere omaggio alla figura di Vincenzo Mortillaro, intitolandovi una via o una piazza.

-Antonino Petyx: Nato a Casteltermini, fu Servo di Dio e barone dei poveri. Preso da un insopprimibile bisogno di donare se stesso alle opere di misericordia, visse un’intera vita al servizio del prossimo, morendo nel 1937 in odore di santità. Il barone Antonino Petyx aveva sposato la marchesa Maria Felice Mortillaro ed abitò la villa Arena con i figli Ottavio, Luigi, Carlo, Rodrigo, Marianna, Vittoria e Beatrice. Sarebbe doveroso ricordare anche a Cruillas, così come ogni anno avviene nella città natale del barone l’attività esemplare di questo sant’uomo che ancora i più anziani, continuano a ricordare.

-Vincenzo Cervello (1854-1918): Farmacista palermitano, scelse il nostro territorio, per l’aria sempre salubre che vi si respirava, per la costruzione del proprio sanatorio anti-tuberculare, su progetto di Ernesto Basile. Una volta cessata la funzione di Sanatorio, il complesso venne riorganizzato con nuovi padiglioni, divenendo uno dei poli sanitari più importanti della città.

-Padre Francesco Genova: Fu il fondatore e primo rettore del Santuario di Cruillas. Il ritratto di Padre Genova è conservato presso il nostro Santuario.

-Padre Filippo Crispino: Fu rettore del Santuario tra la fine degli anni ’20 ed il 1937.

-Padre Ignazio Sucato

-Padre Domenico Mirabile: Collaborò alla diffusione del culto della Vergine di Pompei. -Padre Antonino Ruffo: Fu parroco del Santuario a partire dal 1937; il suo ritratto è visibile nella nostra canonica.

-Padre Di Pasquale: Fu parroco a Cruillas, fra gli anni ’50 e gli anni ’60.

-Padre Giuseppe Gambino: Fu parroco a Cruillas, dal 1955 al 2000. Il ritratto di Padre Gambino si può osservare nella nostra canonica.

-Padre Antonino Rocca: Fu parroco a Cruillas sino all’anno 2006.

-Padre Massimiliano Scalici: Parroco a Cruillas a partire dal 2006, vive oggi in Svizzera. A Don Massimiliano va il merito di aver intrapreso i lavori di restauro del Santuario (2007) e di aver indetto il progetto ecclesiale “Cruillas-Pompei: ponte di speranza tra due Santuari” con lo scopo di riportare i pellegrini a Cruillas e di riaccendere quella fiamma che un tempo animava il culto della Vergine di Pompei a Palermo ed in Sicilia. A Don Massimiliano va anche il merito di aver portato avanti numerosi progetti come “Una retata d’amore”.

-Padre Vincenzo Catalano: Sesto ed attuale parroco.

 Cruillas: le tradizioni che si spengono

Per concludere questo nostro breve itinerario, ho voluto porre l’attenzione sull’aspetto tradizionale-folkloristico della nostra borgata. Tradizioni che con lo scorrere impetuoso del tempo, si sono perse nella sfera della noncuranza, cancellando irrimediabilmente la nostra memoria. Approfondendo quest’aspetto ancora molto attuale, vorrei lanciare un messaggio, forse ingenuamente, auspicando una rivalutazione di tutti gli aspetti tradizionali che un tempo caratterizzarono il nostro territorio: unico ponte di speranza, per guardarci al passato e proiettarci verso un futuro migliore. Una tradizione molto sentita era sicuramente la “Novena dell’Immacolata” che si usava svolgere nell’omonima cappella, sotto l’arco, in quello che era stato il palazzo del duca Cruyllas, cuore pulsante della storia della borgata. Di questa tradizione, col passare del tempo, dato anche lo stato di degrado in cui oggi la cappella si trova, non è rimasta alcuna traccia. Particolarmente sentito, a Maggio ed a Settembre, era il pellegrinaggio verso la chiesetta dell’Addolorata all’Inserra, e la cosiddetta “acchianata” a cozzo Santa Croce, luogo di gite “fuori porta” e scampagnate. La tradizione per eccellenza è però la festa della Regina del Rosario di Pompei: l’ultima domenica di Ottobre, i borghigiani ed i membri della confraternita che ha sede al Santuario, usano portare in processione, per le principali via della borgata, la vara con il simulacro della Vergine. Questa antica tradizione che va avanti da più di un secolo, costituisce un ultimo bagliore di speranza: non lasciamoci rubare il passato, perché un popolo senza passato, è un popolo senza presente ed un popolo senza presente non può avere un futuro. Continuiamo tutti insieme a far riecheggiare, con fede ed orgoglio, tra le case del nostro borgo, il motto che fece di Cruillas la borgata mariana per eccellenza: “A chi i cuori?” “A Maria!”, “Un solo grido” “Viva Maria!”. Per conoscere la dettagliata storia della borgata richiedere in parrocchia il libro “Cruillas: storia e memorie di una antica borgata”.